Teorema dell’impossibilità

Teorema dell’impossibilità, chiamato anche teorema di Arrow, in scienze politiche, la tesi che è generalmente impossibile valutare il bene comune. Fu formulato per la prima volta in Social Choice and Individual Values (1951) da Kenneth J. Arrow, che ricevette (con Sir John R. Hicks) il Premio Nobel per l’Economia nel 1972 in parte in riconoscimento del suo lavoro sul teorema. Come elemento centrale della teoria della scelta razionale, che tenta di spiegare il comportamento politico come la ricerca razionale dell’interesse individuale, il teorema dell’impossibilità ha posto una grande sfida all’economia del benessere del 20 ° secolo e ad una rivalutazione di come le procedure decisionali democratiche arrivino a espressioni rappresentative delle preferenze degli individui. È stato anche usato per sfidare il concetto di “pubblico” come entità sociale significativa.

Il teorema dell’impossibilità presuppone che gli agenti abbiano preferenze complete e ben ordinate su tutti i risultati presi in considerazione in una situazione di scelta collettiva. Ciò richiede che gli agenti sappiano se preferiscono uno in qualsiasi coppia di possibili risultati, e richiede che le preferenze degli agenti obbediscano alla relazione logica della transitività, che richiede che se Adams è preferito a Madison e Madison è preferito a Washington, allora Washington non può essere preferito ad Adams. Il teorema dell’impossibilità considera i casi in cui tre o più agenti fanno una scelta collettiva da tre o più alternative in situazioni diverse come il voto democratico, stabilendo politiche pubbliche che riflettono il benessere sociale e il mercato. Il teorema è costruito per risolvere la questione se esiste una procedura matematica per amalgamare le preferenze individuali che si traduce in un ordinamento delle preferenze collettivamente razionale di tutti i possibili risultati.

Oltre a presumere che le preferenze degli individui siano razionali, il teorema stabilisce che quattro condizioni minime devono applicarsi alla procedura decisionale affinché il suo risultato sia valido. Il teorema richiede che agli individui sia permesso di avere una preferenza razionale che ordina le alternative, che non ci sia un solo dittatore la cui preferenza su una singola coppia di alternative vale per la decisione del gruppo, che la classifica collettiva sui risultati rimanga invariata se una delle alternative cessa di essere considerata, e che una preferenza unanime su una coppia di risultati implichi una preferenza collettiva su quella coppia. Questi requisiti sono generalmente considerati al di là di polemiche.

Il teorema dimostra che, date queste ipotesi minime, è impossibile costruire qualsiasi procedura che si traduca in un’espressione collettivamente razionale dei desideri individuali. Sebbene altamente tecnico nella sua affermazione, il teorema ha importanti implicazioni per le filosofie della democrazia e dell’economia politica. Il teorema rifiuta la nozione di una volontà democratica collettiva, derivata attraverso la deliberazione civica o interpretata da esperti che applicano paternalisticamente la conoscenza di ciò che è meglio per una popolazione. Il teorema nega anche che potrebbero esserci bisogni di base oggettivi o criteri universali che qualsiasi procedura per il processo decisionale collettivo dovrebbe riconoscere, come standard nutrizionali minimi o diritti umani.

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